mercoledì 26 settembre 2012
La terapia con iodio radioattivo
Esattamente un mese dopo l'intervento di tiroidectomia totale affronto la terapia con iodio radioattivo. Avevo letto i giorni precedenti su internet un po' di informazioni riguardo il ricovero in isolamento e i possibili sintomi.
Dunque, mi sono presentata nel reparto al mattino verso le dieci, per fortuna non a digiuno (è una cosa che odio). Mi fanno attendere che la camera sia pronta nella saletta dove i pazienti di oncologia che possono stare in piedi consumano i loro pasti. Dopo poco arriva un'altra donna e un uomo.
Ci sistemiamo nel reparto di isolamento. E' composto da un corridoio e da due camere. Le porte di accesso al reparto e quelle doppie delle camere sono piombate per evitare la dispersione delle radiazioni.
Dividerò la stanza con Adele, mentre Giuseppe starà nell'altra da solo.
La nostra stanza è piuttosto grande, ha il suo bagno cieco - senza doccia. Nel bagno ci sono i contenitori per materiali radioattivi dove dobbiamo gettare tutto, cibo avanzato, piatti, posate, ecc. Accanto ai due letti verso l'uscita c'è un muretto di piombo lungo quanto il letto per evitare altra dispersione di radiazioni. Questi muretti sono grigi, ma anche le pareti sono grigio scuro fino a 1 metro da terra. C'è un armadio grigio chiaro e turchese, insomma è tutto molto deprimente. Il letto è bellissimo, di quelli con la pulsantiera per cambiare inclinazione, il materasso è comodissimo, ho portato il mio piccolo cuscino perché ho ancora dolore al collo. C'è il televisore che, per fortuna, non accenderemo mai.
Abbiamo pranzato ancora vestiti insieme ad altri due pazienti nella saletta e poi torniamo in camera. Se vogliamo possiamo ancora girare per il reparto e sgranchirci le gambe, ma dopo due giri in corridoio preferisco stare in camera.
La mia compagna di stanza, ha la mia stessa età, è al secondo ciclo quindi mi dà qualche informazione del tipo quando ci faranno l'endovena, se ha avuto problemi la volta scorsa (nessuno a suo dire).
All'una del pomeriggio arrivano i due medici, ci sistemiamo nella stanza di Giuseppe per le endovene. Come al solito le mie vene sono invisibili, ma il medico (quello che mi ha visto la prima volta) è un genio e ha una mano d'oro, trova la vena subito a metà dell'avambraccio ed entra come una piuma. Sento solo una sensazione di gelo quando il liquido entra.
Bene, a questo punto ognuno va nella propria stanza, si chiudono le porte e tanti saluti.
Da adesso non vedremo nessuno, saremo sorvegliati giorno e notte da una telecamera (ho visto il monitor nella stanza delle infermiere), c'è un campanello di emergenza in caso di bisogno, i pasti vengono lasciati con il carrello nell'anticamera fra una porta piombata e l'altra.
Nessun parente può venire a trovarci ed è un bene. La cosa fondamentale è stare tranquilli e riposare, perché si è tanto stanchi.
Il primo giorno passa in fretta, tra messaggini e telefonate e chiacchiere con la mia compagna di stanza. Alla sera con la cena, immangiabile perché priva di sale, ci danno un gastro protettore e una pastiglia di cortisone per evitare gonfiori. Il secondo giorno alla sera mi sento il viso in fiamme, vado a guardarmi alla specchio in bagno e sono tutta rossa con una striscia alla guancia sul lato sinistro, dall'occhio alla mandibola, gonfia, non tantissimo, ma è evidente. Chiamo per farmi dare un termometro e verificare la temperatura, ma non ne ho.
Questo gonfiore mi accompagnerà per sei mesi circa dalla terapia facendosi vedere di tanto in tanto. Non mi ha mai spaventata, anzi mi tranquillizzava vederlo perché pensavo: ecco, lo iodio sta ancora lavorando..
Il terzo giorno è stato il più pesante, soprattutto per l'attesa di uscire da quel bunker.
Finalmente in tarda mattinata è arrivato il tecnico che con il suo apparecchio ha misurato la mia radioattività e ha dato l'ok per tornare a casa.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento